“Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare”.
Daniel Pennac
“La fotografia è un lampo di bellezza e verità”
Donato Di Poce
“Il progetto “La via dei sensi” cattura ritagli dell’universo femminile. La donna è al centro di una riflessione tra ironia e intimità, tra grottesco e frammenti di realtà: tutte storie di un film non ancora girato. Il percorso scava nelle emozioni più recondite, sfiora l’universalità dei sentimenti, ma è sempre alla ricerca di una risposta nei luoghi e non luoghi dell’altrove…”
A. Maletik
Ecco quanto mi scriveva Aurora pochi giorni prima della mostra, da me sollecitata a darmi qualche informazione in merito…Ho voluto iniziare questo testo critico sul suo lavoro proprio con un suo incipit, per testimoniare la sua assoluta colta consapevolezza di percorso e rivelazione nell’universo femminile della bellezza e dei sensi. “le stanze sono 4 dicevo sulla sinistra c’è: del perduto amor, sulla destra: camere oscure..ovvero segreti e cose mai svelate…dietro, affari di donne…e avanti, decadence mon amor…non c’è altra scelta, va accolta ahimè insomma un bel crocevia…” è ancora Aurora che scrive in uno dei nostri epistolari sulla fotografia o in questo caso della chat in tempo reale che ogni tanto ci regaliamo, da quando ho scoperto la sua fotografia che mi ha immediatamente coinvolto per vari motivi che cercherò di evidenziare. Il primo è la sua cultura fotografica non solo tecnica incantatoria ma intesa come praxis filosofica: “ la mia fotografia è l’arte d’individuare quei momenti fugaci…Emozioni che vanno e vengono…e dare loro un valore immenso…Credo che nulla possa fare altrettanto….le cose assumono quel valore ideale anche se apparentemente congelate…Eppure sembra che le immagini riprese abbiano una vita propria, e che continuino a muoversi altrove….Magia purissima…Work in progress-prossimamente ” l’esplosione dei sensi”… Aurora Maletik. Ancora Aurora che parla e scrive e riflette sul suo lavoro, ma vorrei riportare anche un suo testo poetico, che svela l’altra musa che ispira la nostra artista multiculturale , che me ne ha svelato carattere e respiro poetico che irradia nelle sue foto:
DISTANZA
23 febbraio 2011 alle ore 1.12 Sono sola in questa stanza, mi manchi più di ogni cosa al mondo … So che prima ancora che tu mi abbandonassi io ti abbandonai … Vagavo e mi perdevo nella distanza che ci divideva; a volte ti sfioravo e poi mi allontanavo con la stessa forza delle orbite celesti, forse non ti vedevo e tu fingevi di vedermi o forse non ci sei mai stato per questo non ti vedevo … E’ come se non ti avessi mai incontrato eppure vivi in me … Ti muovi e mi parli dentro ed io continuo a cercarti, ma non so dove sei… Vorrei liberarmi dalla mancanza che ho di te e disperderti in un raggio di luce, nel vento … Nel volo di un aeroplano… Liberarmi del tuo abbraccio, della tua voce che mi parla dentro, ma non riesco a sentire … Vivo il tuo abbandono eppure in te mi muovo per cercar di vedere con i tuoi occhi … Sintonizzarmi alla tua voce che continua a ripetermi: perché ci abbandoniamo? …
Aurora Maletik
Ecco svelato il tema centrale della sua poetica, la bellezza, la via dei sensi, come antidoto alla morte, al tempo che passa, all’abbandono delle cose amate, la bellezza come punto fermo alla diaspora del quotidiano, il sogno come nido e ritrovamento nel deserto della dissolvenza umana. L’altro elemento d’incanto che mi ha fatto amare la fotografia di quest’artista, è la sua riflessione sullo specchio e la meta fotografia, ovvero la sua presenza nelle foto scattate. Qualche anno fa scrivevo nel libro “Guardare non è vedere”, CFR Edizioni, quanto segue: “Ogni qualvolta vediamo la presenza di una fotografia dentro un’altra fotografia, siamo in presenza di una meta-fotografia. Tutti abbiamo in mente il quadro di Velasquez “Las Meninas”, dove l’artista si ritrae nell’atto di dipingere; o “La stanza di Van Gogh” dove l’artista ritrae appesi alle pareti, altri suoi quadri; nell’installazione di Mauro Rea dedicata a questo quadro, oltre a ritrarre altri suoi quadri, l’artista impone la sua presenza fisica mentre scrive una lettera a Vincent, realizzando contemporaneamente una meta-rappresentazione e una’azione creativa al cui centro c’è sempre l’immagine intima e accogliente dell’atelier(casa) dell’artista”. Non conoscevo ancora Aurora, che fa un’operazione ancora più profonda, mette se stessa come oggetto e soggetto delle sue immagini, ma non come banali selfie moderni, ma icone struggenti e vissute di un sogno Felliniano, di un’atmosfera nostalgica e surreale alla Ferenc Berko, di una presenza erotica e lussuosa di Newton e Avedon, dove basta il particolare di un tacco a spillo o un guanto, un’immagine riflessa allo specchio, un’ombra su un muro rosso o una fanciulla sola che attraversa una strada sotto un ombrello, per aprire sguardi sul mondo interiore di un femminile itinerante che cerca se stessa nell’altrove di una presenza, nell’essenza di un senso, come una Venere incantata. E bene fece Rosamaria Francucci a rilevare che :“…I suoi scatti, hanno l’incisività e il fascino di fotogrammi cinematografici più che di tradizionali fotografie esplorano con puntigliosa e costante assiduità proprio questo territorio di frontiera tra le arti e catturano a piene mani frammenti di realtà spesso immaginate o soltanto evocate…”. Ma torniamo un attimo alla presenza dell’artista come oggetto e soggetto fotografico. Quello che mi preme dire è che il suo corpo è usato come simulacro e presenza mitologica, e non in accezione nichilistica e voyeristica o di pruriginosa sensualità, mai banale e superficiale, né ammiccante e superflua come tante suffragette pseudo erotiche deliranti che infestano il WEB e la scena artistica contemporanea, .né tantomeno usa il corpo come “oggetto pleonastico” e kitsch che proponeva Luigi Ontani negli anni ‘70. La sua presenza è sempre elegante e raffinata, la donna ideale proposta è lei stessa, è la sua anima in attesa , in riflessione(spesso in lettura di libri), in viaggio verso l’armonia affettiva ed esistenziale, tra i suoi sogni e i palcoscenici loro si spogli e volgari della realtà, “sempre alla ricerca di una risposta nei luoghi e non luoghi dell’altrove”, dove il corpo stesso è un altrove da scoprire. Ed ecco rivelato in un lampo di bellezza e di verità che incombe in atmosfere aurorali, il vero soggetto della poetica dell’artista, cioè l’altrove. Un altrove nascosto dietro una rete da pesca o dentro una nuvola di fumo, cercato in un set cinematografico o dietro le quinte teatrali, sussurrato dentro un sogno creatore e fantasma di materia e di phatos, un’attesa che esercita il suo diritto di libertà e di trascendenza. Chiamiamoli allora come suggerisce l’artista, percorsi interiori o le vie dei sensi, o sogni ad occhi aperti, sono comunque sogni rivelatori, stanze di un altrove e di una visione. La sua Azione creatrice produce magie e un enigma di bellezza senza tempo e senza limiti, che con la luce cattura il tempo e il clic di un pensiero irretisce le vibrazioni dell’infinito, e il sogno inizia a catturare tempo, movimento e sensi. E Aurora inizia a svelare segreti, a sognare e farci sognare. E come diceva una grande filosofa del sogno creatore, Maria Zambrano, “ Sognare è già svegliarsi”.
Donato Di Poce
Milano, Maggio 2015
L’anima e il corpo delle donne attraverso l’obiettivo della fotografa di origini croate, ma pugliese d’adozione, Aurora Maletik: c’è un viaggio scandito da 40 immagini al centro della mostra ‘La via dei sensi’, in corso fino al 7 giugno al Fortino di Bari. L’esposizione è strutturata in quattro differenti e complementari percorsi tematici dai titoli estremamente significativi e rappresentativi della personalità della Maletik (Decadence mon amour, Del perduto amor, Camere oscure e Affari di donne). Che del suo lavoro di ricerca scrive: “La mia vera libertà la ritrovo solo nella leggerezza, mentre sfoglio le pagine della mia vita a braccetto con la sola, insostituibile alleata e compagna di viaggio: l’immaginazione”. La mostra è visitabile con ingresso libero (dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 18 alle 22)
Collegati al sito di Repubblica Bari
L’artista pugliese con ascendenze croate, crea nella vasta sala una sorta di simbolico crocevia che porta a quattro distinte Stanze in cui esporre il meglio della sua produzione fotografica, della sua incontenibile sete di bellezza. Quattro tematiche intime e intimiste in cui viene messo a fuoco il volto, il corpo e lo spirito del femminile, dove con levità di tocco e delicata o decisa ironia coabitano moti e istinti, vivono il dentro e il fuori, si configurano icone in cui tutto appare costretto in ambientazioni anguste, strettoie, o al contrario estremamente dilatato in complesse tortuosità di senso, moltiplicato in giochi di specchi e di passioni. Aurora Maletik mette in scena il suo modo di percepire la vita, l’amore, l’eros, la solitudine esistenziale, gli stessi vuoti dell’anima, tutto ciò che nutre e insieme disorienta la linearità del percorso umano… ma allora cosa potrà salvarci, o almeno cosa ci guiderà attraverso il labirinto? Aurora propone appunto “la via dei Sensi”, accompagnandoci nei luoghi privilegiati di fortuiti incontri, regalandoci scorci di immagini straordinarie, rebus e paradigmi in cui l’obiettivo fotigrafico disvela come per un’arcana e inspiegabile magia cosa ci sia prima o dopo quel tempo, quel fugace istante, oltre quel muro, attraverso quella trama. Storie, o meglio frammenti di storie, azioni mai cominciate o troppo presto interrotte, rari e rarefatti momenti felici, attimi di surrealtà, luci ombre, conflitti aperti e soltanto agognati ricongiungimenti. La dimensione onirica che connota tutte le opere come in un gioco di scatole cinesi apre innumerevoli altre chiavi di lettura, opere aperte insomma in cui ognuno può cercare una sua verità, può inventare un finale alternativo, svoltare un angolo, coccolare un desiderio, proteggere un segreto. La donna è vita e Aurora Maletik ne eterna il fascino intramotabile ricongiungendola al suo mito e alla sua musica.
Rosamaria Francucci
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